L’attitudine hacker spesso porta a cercare connessioni con luoghi curiosi, vivi, abitati dall’urgenza della scoperta. Luoghi autogestiti, dove la lotta contro la mercificazione della vita non è lotta mercificata per vivere, in cui non si fa profitto ma si pratica mutualismo.
Per questo If Do ha fin da subito trovato come luogo naturale dove incontrarsi la Polveriera: vista da vicino, assomiglia molto a un’officina caotica piena di progetti, cantieri, discussioni. Chiunque si affacci alla piccola porta vetrata trova mille riunioni, corsi, laboratori, chi fa prove teatrali, chi impara la capoeira, chi sperimenta la musica elettronica con macchinette autocostruite, chi costruisce una scala in bamboo, chi dipinge, chi parla di tecnologie liberate, chi suona, chi proietta film e chi presenta libri. Dalle sue stanze è facile vedere come Firenze, là fuori, sia triste e rassegnata: una banale citta’-vetrina, asfittica, silenziosa e oppressa da pubblicità e prodotti natalizi.
Ecco, la Polveriera e’ da qualche giorno ufficialmente sotto sgombero. E con lei tutto quel meraviglioso caos di progetti ed esperienze, tra cui If Do stesso.
In contrasto allo sterile cubo di cemento, facile da gestire quanto un cimitero muto e offerto previo lauto pagamento da stato e mercato, la nostra sfida è pericolosamente semplice: diffondere autogestione e autodeterminazione. Ci rifiutiamo di vivere in un mondo in cui la tecnologia viene usata come strumento di oppressione, in cui anzichè avvicinarci ci allontana sempre più; in un mondo che esalta l’immagine e che subordina il contenuto alla forma, che ha il terrore di ogni tipo di autorganizzazione, mutuo soccorso, scambio di conoscenza, che teme la nostra umanità tentando in ogni modo di automatizzarla.
Noi restiamo qua. Non abbandoneremo gli spazi ma, dopo avergli ridato vita, combatteremo per ricostruirli e difenderli.
Complici e solidali con ogni autogestione, complici e solidali con la Polveriera.